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Sclerosi multipla, più vicina
una terapia "mirata" sulle cause

La terapia della sclerosi multipla potrebbe presto avvalersi di nuovi farmaci, e per la prima volta questi farmaci potrebbero essere diretti alle cause primarie dell’attacco alla mielina, la guaina protettiva dei neuroni lesa nella malattia: i linfociti T CD4 e CD8.

Di solito questi elementi del sistema immunitario non riescono ad arrivare al cervello, perché vengono fermati dalla barriera che lo protegge. Nella sclerosi multipla tale barriera è più permeabile e i linfociti che riescono a passarla fniscono per lesionare la mielina. Nel 2008 Un gruppo di ricercatori dell’Università di Montreal, in Canada, ha scoperto che affinché tutto ciò accada è indispensabile l’azione di una proteina chiamata MCAM (Melanoma Cell Adhesion Molecule). Ora gli stessi scienziati hanno pubblicato sugli Annals of Neurology i risultati dei primi test condotti su cellule umane e su modelli animali di sclerosi multipla per valutare l’effetto di un anticorpo diretto contro MCAM.  

Negli animali trattati la progressione della malattia è diminuita del 50%. Questo risultato incoraggia a sperimentare la terapia sull’uomo; i primi test su volontari sani, mirati a verificare la sicurezza dell’anticorpo, sono in programma per i prossimi mesi, e già nel 2016 si dovrebbe procedere ai primi studi su pazienti con sclerosi multipla o con un’altra malattia autoimmune, la psoriasi. Se l’efficacia sarà confermata si potrebbe avere per la prima volta a diposizione un farmaco attivo contro gli agenti primari di queste malattie, e non più solo, come accade ora, contro i mediatori secondari dell’infiammazione cronica.

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 25 maggio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: linfociti T, sclerosi multipla, terapia



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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